Palme di velluto



ELENA BARTONE

PALME DI VELLUTO


ARITMIE DI NOSTALGIE

Palme di velluto

Palme di velluto
i nostri visi stanchi,
rubicondi pensieri che strisciano
attorno a nuvole d’immenso
e festeggiano teoremi
di attese, movenze
delle sorti che precipitano
lungo i singulti dell’esistere.
Arpe gioiose incantano
silenzi sbiaditi dal tempo
e s’inerpicano sulle pendici
che accarezzano idee
smerigliate di fuoco.
Sinfonie di epoche remote
accolgono nostalgie che si tramutano
in ebbrezza d’anima
e vacillano solitarie
dietro minareti
rigogliosi di sole.
Tremano festosi
i campanili estasiati
dei giorni che verranno
tra l’apparire d’epopee d’aurora
ed enigmatiche figure
dai sistri che si levano
alti nei cieli edulcorati.

Tra cielo e neve

Il volo dei tuoi pensieri
si stagliava tra cielo e neve
in un rincorrersi di messaggi
dell’essere che si tramutavano
in ascesi di libertà.
Sognavamo alture
di mondi lontanissimi, percorsi della mente
che ci estraniavano da moduli sospesi
di afflato creaturale
che vagano nei sentieri dell’enigma,
del non detto.
Le nostre mani randage
si insultavano
nella ricerca spasmodica
di fatuità di voli e fervide
infinitesimali essenze
tese a  raggiungere
segmenti d’infinito.
Parole bisbigliavamo,
ipotesi e veggenze
e lampeggiamenti
d’innocenza luminosa.
Trasparivano richiami
di gioie impazzite 
di beatitudini in attesa
di salpare per  lidi sconosciuti.


Evanescenze mattutine


E si risveglia il ricordo
delle tue evanescenze  mattutine
e delle dinamiche
di una fantasia che ricrea
filigrane e luccichii sentimentali
e strane corrispondenze di sulfuree
incandescenze terrestri.
Affusolate alchimie d’incontro
soffiano su candelabri
che si protendono
verso cime di emozioni che raggiungono
ultrasuoni di anime ritrovate.
Si celebrano apoteosi
di rifugi esistenziali e meteore di desideri
 infusi in un calice
di dionisiache attese.
I tuoi occhi sembrano stemperarsi  
tra le spire del domani
e tra unguenti d’infusi
di realtà ultraterrene e avvisaglie
di ebbrezze paradisiache
che vibrano  all’orizzonte.


Vigna triste

Erano i miei pensieri delusi
dalle tue parole
che tumultuavano
tra le asperità del mio transito
terreno e i tuoi rivoli
di malinconiche attese.

Giacevano le speranze
su inarrivabili giacigli
di flutti esistenziali
e su comete erranti
verso alterità di mondi
nascosti nell’enigma.

Ideogrammi di edulcorati
silenzi si effondevano
tra le spire di sinfoniche
metamorfosi sentimentali,
mentre il sole accarezzava la vigna
in un rigurgito
di antiche danze langarole
e profumi di alabastro
che si perdevano in atmosfere
di tremori autunnali
e ritmi di perdute stagioni.

La tristezza esalava languori
che  si susseguivano
tra le viti impazzite
di tramonti settembrini.

Era il mio cuore un candelabro
acceso dalla nostalgia
dei  tuoi sguardi
che rincorrevano la collina.

Era il tuo viso


Era il tuo viso un cielo chiaro,
un alabastro che espandeva
fragranze di rocce mediterranee,
fiammelle di bracieri
che sussurravano nel silenzio
di notti di nevose alchimie.

Il pensiero di te cavalcava
gli spazi  sconosciuti
e senza tempo,
accarezzava i prunalbi
alla ricerca di primordiali
meteore di divine ascendenze.

Singulti di conifere
regalavano edulcorate
penombre al tuo profilo
smerigliato di canicola d’agosto
e di pentagrammi
di cerulee quintessenze.

Erano i miei desideri
impazziti dei tuoi sguardi
lontani e abbagliati
dalle ansie del vivere.

Brividi di camelie interloquivano
con la tua assenza
e il ricordo di te diventava
sepolcro che io custodivo
con la forza del mio spirito
errabondo e solitario.

Brividi autunnali


Brividi autunnali
infranti dalla pioggia
quando lo sciame
dei pensieri mi riporta
a te, alle tue parole
che di volta in volta
inventano percorsi paralleli
al mio vissuto
appeso ai candelabri dell’enigma
e chiuso in  ampolle
che evaporano alchimie
di tristezze raminghe.

L’attimo si dilata,
rallenta la fuga e depone
le sue stille sugli alveoli
della mia solitudine
che rifulge di rose appassite
e scansioni esistenziali.

Il rimpianto cattura
nel vermiglio del silenzio
i tuoi sguardi lontani
che mai più si adageranno
sulla mia essenza muta e opalescente.

Vertigini di antiche danze cosacche,
liquami di nostalgie
che tumultuano sugli assi dell’esistere,
accolgono respiri d’anime
che si stagliano
tra penombre di presagi e ritmi
di oboi filigranati di ricordo.

In questa notte amidata
di te, la poesia è unguento
alle mie piaghe sconosciute.


Nella savana estiva


Nella savana estiva
vorrei incontrarti, là dove
le  spume dei pensieri
rincorrono rimembranze
d’incontrastati silenzi e aritmie
di crisalidi.
Il palcoscenico dell’anima
si apre su scenari
di latitudini esistenziali
e dialoghi interpretativi dell’essere.
Grappoli di idee trascendentali
stillano alle radici dell’io
quando giungono fuochi
di mondi immaginati e sconosciuti
all’alchimia dello sguardo.
Sensazioni di ebbrezze divine,
nostalgie che si stemperano
all’apparire di simulacri del domani,
evanescenze di stigmate del vissuto,
adornano la fantasia
dipinta di giallo.
Sfumature d’arcobaleno
accompagnano i passi
desiderosi di fermarsi
in una dimensione di effervescenza
fantastica, linearità planetarie,
osmosi cielo - terra.


Aromi di ginepro


Forse non è giusto pensarti
qui dove il sole sfida la battigia
e le acque schiumose rincorrono
 i pensieri, aromi di ginepro.
Meglio obliare e dissonare
attendere il plenilunio e rimembrare,
così quasi per gioco e subridere
dei riverberi veri fatti sogno.
In questo luogo
di rinverdite speranze e  aurore sospese
il cielo torna amico
e le carezze del vento
fluttuano tra i colori del tuo essere.
Vibrano all’orizzonte
i giorni che verranno
tra le attese di ieri
e i segmenti nascosti del vivere.
La lontananza diventa
sospiro vaporoso di ginestre,
fantasia di anemoni
rifluente sugli oceani.
Dolce disperdere nel meriggio
che s’inarca sulle nostre essenze mute
l’ansia dei  nostri incontri al riparo
dall’avvento dei giorni
tramati di non senso e solitudine.


Guizzi di felicità


 Questo luogo è “lucus” ventilato
dal soffio sacrale del divino.
E i suoni si distendono, si dilatano
tra  effluvi che rievocano
 inusitate cose, carezze, voluttà d’anime
su alture d’immenso
e percorsi scoscesi di esistenze.
Profumi acclarano il tuo volto.
I pensieri  si affievoliscono
al declinare del giorno
lungo le discese della mente
su perpendicolari di tramonti
trafugati al sogno.
Inesprimibile il percorso d’anima,
solitario evento,  conduce
verso barriere coralline
e tintinnii di evanescenze.
Si defilano i pensieri.
Si fanno acqua marina, stilla
 alla foce dei tuoi sguardi.
Atmosfere impenetrabili,
bucoliche presenze,
attese spumeggianti
d’ambra e di magnolia
aromano il mio giorno
scandito su ritmi  esistenziali, di ineffabili
 beatitudini sospese.
Il fluido del tuo “esse”
verità d’amore.


Nelle acque dello Ionio


Immersa nelle profonde acque dello Ionio
oggi proprio non ti ho pensato
perché duro è il tuo cuore
né si ravvede.
Nell’immensità azzurra i ricordi in filigrana
sfidano la forza delle onde
e precipitano dai gradini della mente
verso beatitudini d’oblio.
Similitudini di evanescenze,
teoremi di antichi ritorni,
linee che si intersecano
nel baricentro del tuo esistere
ascoltano in silenzio
la voce che sale
dagli abissi del mare ad ispirare
 giocosità di atmosfere e stupore di attimi.
La luce impazzita del giorno
espande la sua gloria
su trapezi di sogni
che profumano di effusioni di salsedine
e ascensioni impossibili.
Il tuo volto si perde tra i fondali,
e si dipana,
inafferrabilità di contorni,
in una mattinata di luglio.


Fioriture d’immenso


Ho scritto il tuo nome
sull’acqua del mare di Ulisse
e si è liquefatto.
Magia dell’amore
che si addormenta
sui giacigli del nulla.
 Atmosfere di cristallo
permeano ore di sogno
 lungo linee di pensieri
e modalità di estasi:
soavità di languori marini,
 palpiti d’aurora,
sottofondi di silenzi, echi di ritorni
e melodie di incontri.
Distanze del cuore, vuoti d’aria
rivolgono i nostri incontri
tra impeti di desideri,
turbolenze d’anima,
 mobilità dell’essere,
sensazioni , fragranze, attese
e fioriture d’immenso.


Sul diagramma del tuo esistere


Sul diagramma del tuo esistere
ho immaginato fili di idee
perdersi nel simulacro
della tua fantasia
e alchimie di reminiscenze
sollevarsi verso alture che ricordano
immensità di tulipani
e meteore rilucenti nella notte.
Fulmini di pensieri
veleggiano verso mari addormentati
sotto coltri di ricordi
e tra chiasmi di poesie cantate
alle pendici della luna.
Si assottigliano le paure,
si espandono gli effluvi della parola.
Si sedimenta,
nei fondali dell’anima,
il tuo viso bagnato di porpora
e stille di giorni.
Il passo del domani sembra
rallentare la corsa.
Il  passato  smemora
tra gli artifici del tuo pensiero.


Maintenant


Maintenant ripercorro con la mente
il mio giorno con le sue luci
offuscate d’ambra e alloro,
quando l’ora scandisce
i sussulti del passato
e le iridescenze del presente.
L’estasi si fa alchimia che vacilla
e intanto le tue parole
muoiono nel tripudio del momento
e tra i percorsi indesiderati
dell’oblio.
Svanisce l’entusiasmo dei tuoi sguardi
che catturano elisir di fragole
e geometrie che s’innalzano
nell’intrico dei sogni
fatti effervescenza del domani.
Rifulge nella quiete della sera
il passo del vissuto
addormentato sotto
mistiche fragranze e tra le note
di una canzone autunnale.
La tua assenza
diventa meraviglia
che cattura il silenzio
e lo innalza ai confini degli dei.
Si attutiscono i rumori nelle strade
mentre echeggiano nella mente
attimi di felicità sfuggiti
alla sinfonia dell’esistere.


A cosa potrei assomigliarti


Nella girandola delle cose
ambrate, se toccate dalla pioggia,
a cosa potrei assomigliarti.

Forse a un lampo iridato
che squarcia il cielo
quando il vento d’aprile
coccola le erbe e le foglie.

O al suono di una campana
che annuncia mezzogiorno
tra lo scolorire di un girasole
e il trionfo di un capriolo.

Meglio al tonfo di un sasso
lanciato tra i flutti marini
quando il maestrale  sussurra
parole d’oblio.

Tu sei la voce che s’innalza
tra le crepe del mattino
quando il creato bisbiglia
note d’immenso
elevandole piussù delle nuvole,
aldilà delle cose vane senza storia.


Aspettando la neve


Aspettando la neve
ascolto bisbigli d’anima
e passi di danza
nel fluttuare del crepuscolo,
quando sull’arco dei pensieri
striscia la malinconia
che ha un volto fisso
e un abbaglio che inganna.
Si intersecano rumori nella strada,
si dimenticano i singulti del passato
e lo straziante dilaniarsi del tempo.
Arpeggia la fantasia
sinfonie di un Oriente lontano
e musiche metalliche
di vecchi riti cosacchi.
Il presente si fa effluvio di poesia,
meditazione dell’istante,
pensiero che si posa
sulle cose mute.
Riemerge il tuo viso
quando i primi fiocchi
si adagiano sui tetti
illuminando il  mio domani
di ghirlande di estasi.


La parola precipita


La parola precipita
sull’anima del mondo
quando i dilemmi dell’esistere
raggiungono altezze d’infinito
e le alture della mente
spalancano al domani
ebbrezza del vivere
e loquacità di silenzi.
Nel ritmo armonioso si disperdono
i languori del mio giorno
e le incertezze svaniscono
fra i tramonti della luna.
Le sillabe profumano d’altrove
e si librano tra i cieli del mistero
e sui sentieri della fantasia.
Figure d’altri tempi
illuminano i versi che scivolano
 lungo le direttrici
della fissità dell’attimo
e della luce di pensieri mattutini.
Immagini di sfere
che si intersecano
ispirano giocosità di sentimenti
ed essenze di verità.
I battiti del tempo
si allineano al futuro
e la parola diventa
mistica effervescenza dell’essere.



Baci di luna


Baci di luna si posano
sui pensieri di un poeta
innamorato del linguaggio
delle cose mute e senza tempo
e dei sospiri delle nuvole,
quando il passo della sera
diventa ululato d’immenso
e inquietudine di meraviglia.
Striscia la malinconia
lungo la linea di un vissuto
che rincorre la brezza marina
e i silenzi delle passate cose.
Si riapre l’orizzonte.
L’anima ascolta i singulti del sangue
e i tumulti dell’esistere.
Si scatena ansia di passioni,
di ebbrezza terrena,
e il tonfo delle parole scatena
procacità di sentimenti
e ritmi di maree.
Gli umani desideri si librano
negli alveari della vita
e infondono ilarità di luce
e sonorità di armonia.
Baci di luna cantano al poeta
effervescenze di stupore
e giocosità d’attimo.


Forme di estasi


Ritornare è battito che conduce
ad antiche forme di estasi
e a flussi di memoria e di emozioni.

E’ scoprire che il momento
può attendere e che il richiamo
del cuculo è sinfonia
che si staglia ai confini
di straordinarie quintessenze.

Si ricompongono i suoni della natura,
si confondono, poi svaniscono
nel silenzio che regna nella valle.

La collina dona sensazioni
di colori che si stemperano
e  luminosità che degradano.


E le betulle, le querce e gli ulivi
soffiano il canto del creato
ai chiarori che discendono dalle nuvole
e da inabissali silenzi.

Mi riconosco creatura
di una favola antica
dove il vento lieve di maggio porta
velami di vecchie certezze
e aromi di muschio nella sera.


Salici


Quando si smette di sognare
dalla terra sale fragranza
di umido, finito, vissuto.
Si sta come salici
che pensosi ascoltano
il battito della pioggia
e tremanti respirano concerti
di passate cose
nel fluttuare degli eventi.
Il volo della capinera
diventa fendente
che taglia l’infinito,
vento che sibila
nelle notti incerte e senza luna.
Il passo è faticoso,
la salita si allunga.
Interseca segmenti
nascosti alla speranza.
E i gelsomini non attendono la sera.
Si sta come i salici
nell’immobilità dell’attimo,
le fronde protese all’ingiù.


Il forziere dei ricordi


Il forziere dei ricordi
riluce al palpitare
della tua anima
quando sulle pianure dell’esistere
si libra il vento del passato
che trascende i pensieri
e le alchimie del giorno.
Riflettono le parole di ieri
rubiconde ascesi
di sillabe sospese
sulla pagina bianca
e merletti di noia che si stagliano
nel fluttuare delle passate cose
e nei paradigmi assoluti
dello scintillio della vita.
Si inarcano quali palme al maestrale
i momenti nascosti dietro colonne
di sogni che fioriscono
lungo gli argini del vissuto.
La memoria si fa goccia
che scava negli scogli del presente
e alimenta soavità di respiri
ed estasi di incoscienza.
Sui minareti della fantasia
brulicano echi di ritorni
delle cose di ieri
e pezzi di vita
che sfidano l’oblio.


Il linguaggio dei profumi

Il linguaggio dei profumi incanta il mio giorno
e solleva i  pensieri verso il punto
dove le nuvole custodiscono
frammenti d’anima.

Invita al viaggio verso luoghi
dove il tedio giace
sui bracieri dell’oblio
e le passate cose cantano
reminiscenze di singulti
e armonie di ritmi gitani.

E la notte si addormenta su minareti
da cui discendono
proclami d’infinito
ed effervescenze di fantasie.

Appaiono effigi d’universo
in un’atmosfera di presenze gaie
e istanti che preannunciano
luminosità di paesaggi
e alchimie esistenziali.

Esalano dai fondali del creato
retaggi di esistenze lontane
e focosità di ascendenze planetarie.

L’orizzonte si fa chiaro,
albeggia sopra i pini e nell’azzurro
si innalza il linguaggio degli aromi
mistici e senza tempo.


Tormento d’infinito


L’anima si solleva sulle alture
di un altrove muto e solitario
quando rinasce la voglia
dell’emozione inesprimibile
e misteriosi presagi annunciano
incantesimi d’aurora
e inestricabili percorsi della mente.
Si acclara il senso delle cose,
evanescenza di solitudini,
simultaneità di voci che vacillano
nell’intrico della vita,
silenzi che s’innalzano
sui rifugi della parola muta
e tra gli alveari di essenze giocose.
Melograni vezzosi di pensieri,
delicatezze di atmosfere,
aromi di immenso
pullulano tra i segmenti
del giorno quando la memoria
cede il passo all’innocenza
e il ritmo smanioso degli eventi
conduce lungo le trasversali del vivere.
Si allineano sulla corolla della vita
le sembianze sfuggite
all’aritmia di un sogno
e i momenti che trascendono
vivacità di incontri
e fermenti di beatitudine.


Cespugli di cielo


Quante volte ho guardato
le cime di questi cipressi !
- Il volo dei picchi
è alito di cielo –
Mai come nel meriggio
si aprono le porte dell’infinito.
Strisciano i pensieri
fanfare d’immenso
e l’anima freme di speranze.
Cespugli di cielo e velame tenero di cimoli
si offrono ai miei occhi
e infondono ebbrezze
di chimere ancestrali
e musiche gitane.
Mi perdo  nella luce
che anela a forme divine
ed  a imperscrutabili destini.
Mi racconto fiabe
 che illuminano l’attimo e distendono
 effervescenza di stupore.
Si apre il sipario del futuro
schiumante di certezze,
di energia di parole e di vento,
e alchimia d’azzurro.
Mi immergo nel vallo  della vita e mi addormento
sotto palmizi di favole e di luna.


Emozioni


Emozioni diffuse veleggiano
tra i flutti dei miei pensieri
al riparo dai sussulti  malinconici
e dagli echi solitari dell’esistere.
Pulsazioni d’immenso,
itinerari di beatitudine
preannunciano fragranze
di atomi di nuvole
e quintessenze esistenziali.
Spume d’anima ascoltano il ritmo
silenzioso dell’universo
quando battiti lunari
scandiscono il riposo degli dei.
Fragranze d’armonie planetarie
preannunciano chiaroveggenze
di segreti ritorni
e sintonia d’incontri.
Musiche trascendentali
stillano agli argini del vissuto
e illuminano il tuo profilo
bagnato d’ambra e  di luce.
Solarità di reminiscenze
salutano il meriggio
che si distende su eburnee forme
e sui petali vaganti
della mia incoscienza.


Danze bretoni


Il passo della felicità
procede lungo linee sconosciute
quando la retta del tempo rallenta
la corsa e voli di libellule
invitano a sognare
e a perdersi in guizzi d’infinito.
I tormenti sfumano i contorni,
si perdono dietro scogliere
di archetipe forme e si opacizzano
d’oblio. La neve dei ricordi
si scioglie sui tetti dell’anima
 e penetra a donare
 vigore alla parola
sepolta sotto cumuli di cenere
e nell’urna  dei desideri.
Danze bretoni inventano
alchimie esistenziali
e retaggi di terre lontane.
 Si innalzano sibili
che tramutano i languori
in stillato di gioia.
Muoiono i singulti della nostalgia
quando la favola del vivere
trionfa sugli aculei della memoria.
La mente anela all’eternità del momento
e alla fissità della sua ombra.


A mio padre


Babbo, la lontananza fluttua
tra le nostre essenze silenziose
e sui dossi scoscesi
delle rimembranze.
Nella nebbia del mattino
mi portavi lungo le strade
che conducevano a Oriente,
laddove ardeva la fiamma
che illuminava il mio domani.
Erano giorni in cui le speranze
erano camelie
nel giardino dell’anima
e instillavano negli angoli dell’esistere
carezze d’infinito.
Oggi la parola si fa petalo
che vaga tra le reminiscenze
del mio ieri e nei cantucci ascosi
dell’esistenza tutta.
In questa sera di dicembre sale
la mia preghiera piussù delle nuvole.
Ch’io possa percorrere
sul selciato della vita
passi di danza
tenendoti per mano.


La mort de l’ame


La  mort de l’ame si staglia sulle cose
del mio esistere
e sui tuoi passi che si trascinano
alle porte della mia solitudine.
Rivoli di malinconia
scorrono lungo il tragitto
della mia giornata
e sfiorano gli anfratti segreti
della mia essenza
addolcita di muschio e di magnolia.
Sfrecciano nei cieli dei tuoi pensieri
gli attimi rapiti
al silenzio della noia
e al turbinio dei rimorsi.
I sussulti di gioia addormentati
nei nidi dei cuculi
aspettano che venti di zefiro rischiarino
le immensità del mio domani
e rinvigoriscano gli arbusti ed i germogli
nei giardini dell’ anima.


Accordi di silenzi


Accordi di silenzi
nella stanza muta
e sensazioni vaganti
di sogni e beatitudini sospese.
S’inarcano all’orizzonte
dei miei pensieri i ricordi
fatti petali di magnolia nella sera.
Sillabe lontane accarezzano
il sibilo dell’anima stanca
e predispongono loquacità di attimi
nel percorso delle ore.
Il vino accompagna i passi lenti
e lancia una sfida
al giorno che verrà
quando più chiaro
si fa il canto della vita
e sepolte restano le ombre.
Mi scopro creatura nell’ebbrezza
delle rosse spume
e dei sapori che evocano
epoche remote.
Segmenti di solitudine vacillano
a ritmo di danze gitane
e la mente si innalza
sulle vette dell’immenso,
dove le emozioni si tingono di rosa.
I sorsi goduti, inesprimibile gioia.


Dimenticare


Dimenticare è sciogliere nella neve
gli attimi vissuti sotto i salici
della luna, tra atmosfere variegate
di sensi e parole,
tra singulti di un sogno che svanisce.
Opacità di anime,
ebbrezza di nulla
si stagliano all’orizzonte
di sospiri che emanano
dall’incuranza della sorte
e dall’anomalia del vissuto.
Increduli si procede
lungo linee del tempo
che attendono di dipingere
sui campanili di un’alba solitaria
il tuo volto perduto
dietro amuleti di malinconia.
Richiami di vita,
sussulti di pensieri,
incantesimi di lucciole nella notte
attendono che palpiti nascosti
tra le pieghe del dolore
s’immergano nel seno nascosto
della favola del vivere
e nelle crepe di un mattino
che si disvela
nella luminosità del creato,
all’innalzarsi di una preghiera.


Loquacità di attimi


Loquacità di attimi,
linee simultanee di pensieri,
accordi di voci evocano
le tue mani accarezzate
da profumo di lillà e ninfee
quando il vento porta con sé languori
d’altrove e sibili di vita.
Si disfano ad uno ad uno
e si ricompongono
i segmenti nascosti
sui declivi del tuo amore
e sulle pendici della tua
 solitudine.
Cammini trasversali,
sinfonie di parole
seguono le nostre ombre
che si dipanano
lungo le vie dell’esistere
che conducono
all’essenza muta delle cose
e al dileguarsi delle emozioni.
Armonie di ritmi,
vivacità di percorsi
preludono ai nostri incontri
proiettati verso orizzonti
di incoscienza e stupore.
Atmosfere vaganti di sogni
celebrano le nostre anime
che inseguono spiragli di luce
e tintinnii di sonagliere.


Atmosfere


Atmosfere vaganti
lungo le direttrici del tuo esistere
percorrono i dossi scoscesi
della solitudine
che sfida il vento e le maree.
E  la notte si inoltra
tra le alcove del passato.
Polvere di vita raccolgo
tra i crocicchi dei ricordi e lungo la siepe
che divide le nostre anime.
Silenzi imprescrutabili
avvolgono la mia preghiera
che s’innalza quando
il respiro manca alle tue parole
che aromano di antichi
paesaggi lunari
e di girasoli inteneriti
di luce e di rugiada.
Sussulti di sillabe,
 reminiscenze di pensieri
 si intersecano.
Vibrazioni d’immenso
mi conducono lungo scogliere
che nascondono i segreti
di albe marine tremule
di cromi e di futuro.
Schegge d’infinito colorano
i percorsi che ascendono
verso le pendici di un altrove
inflorescente che traluce
e schiuma di attese.


Spuma d’oblio


Spuma d’oblio il tuo viso
perso tra i contorni
di un cielo plumbeo che richiama a sé
ombre d’acacia
e stridi di violini gitani.
L’attimo si dilata,
accarezza la foce del pensiero,
sonnecchia, spicca il volo
verso crepuscoli di bambagia.
E il nulla diventa la forza dell’essere.
Sintomi di irrequietezza d’anime
cavalcano ebbrezze d’inusitati
silenzi e cerulee forme
di plenilunio si addormentano
sotto auspici  soavi.
Sfilano sugli zigomi
schegge di sofferte solitudini
e appassite evanescenze
di mestizie autunnali.
Sinfoniche parvenze
appaiono sullo sfondo
di simmetrie illusorie
e grovigli di sensazioni
si rifugiano dietro costellazioni
di anatomie esistenziali.
Pensarti è il rifugio
della mia pena muta.


La rotta del pensiero


La rotta del pensiero
prosegue lungo linee
sconosciute e diseguali,
in un percorso
di rimembranze iridescenti e atomi
di presagi che annunciano il domani.
Fragranze autunnali
declinano attimi
di tormenti esistenziali
che evaporano nella luce del ricordo.
Filigrane di illusioni appassite volteggiano
lungo l’asse dell’esistere
e frammenti di antichi ritorni
si offrono per navigare
i cieli del passato.
Immagini di mondi lontanissimi
e scoscesi tumultuano
nella memoria nostalgica e inseguono
loquacità inespresse di effimere sensazioni,
conchiglie di fantasie giovanili.
Quando il pensiero si placa
 il silenzio della mente
accarezza i contorni del viso
e delle membra mute.


Evanescenze mattutine


E si risveglia il ricordo
delle tue evanescenze  mattutine
e delle dinamiche
di una fantasia che ricrea
filigrane e luccichii sentimentali
e strane corrispondenze di sulfuree
incandescenze terrestri.
Affusolate alchimie d’incontro
soffiano su candelabri
che si protendono
verso cime di emozioni che raggiungono
ultrasuoni di anime ritrovate.
Si celebrano apoteosi
di rifugi esistenziali e meteore di desideri
 infusi in un calice
di dionisiache attese.
I tuoi occhi sembrano stemperarsi 
tra le spire del domani
e tra unguenti d’infusi
di realtà ultraterrene e avvisaglie
di ebbrezze paradisiache
che vibrano  all’orizzonte.


Stalattiti di ricordi


Stalattiti di ricordi adornano
l’anima raminga
in attesa di raggiungere
la Gerusalemme del cielo.
Equinozi autunnali
rallentano la corsa dei giorni,
sfolgoranti nella pigrizia del ritorno.
Sibili di beatitudini
ultraterrene scandiscono
opacità di sentimenti
e paradigmi di impercettibili luminose sembianze.
Sfere di luminarie
lunari ingigantiscono desideri
di aritmie megagalattiche
e atomi di quintessenze
universali preannunciano
l’ultimo minuto.
Si snodano tra gli interstizi
dell’Orsa Minore amuleti
di metalliche ascendenze
e meccaniche stellari
in cerca d’assoluto.
L’orizzonte scompare,
si fa enigmatica compresenza
d’altri mondi, lucciola
che puntella il buio di traversie


L’humus dell’anima


Sofferenza, humus dell’anima,
non abbandoni il mio canto
e doni ortiche alla mente
stanca che vagola in cerca di unguenti
alle piaghe esistenziali.
Nelle ore notturne
mulinelli di ricordi
si attorcigliano alle spire
del mio essere bagnato
dalla salsedine del tempo.
Rimorsi s’impigliano
tra le pieghe della coscienza
che si genuflette
dinanzi al nuovo giorno.
Carismatiche dinamiche
di sconforto e speranza
si agitano al fondo
di metafisici teoremi.
S’inventano sinfonie
di silenzi lontanissimi
per addolcire i tentacoli
della vita ed enucleare
antropomorfiche divine
similitudini.
Bandoli di antiche meraviglie
lanciano barbagli
ad un’atmosfera ritmata
di poesia e incenso.


Pentagramma universale


La natura è un simposio
dove anelli concentrici
danno vita ad un pentagramma universale.
I profumi evaporano al tramonto
tra ninfee ed eucalipti
quando algebriche figure
esalano gemiti d’immenso.
Il diagramma dei colori effonde
inflorescenze ramificate su poligoni
di enigmi esistenziali.
Le colline sussurrano messaggi
di ascendenze celesti e fatiche
di umana memoria.
Asimmetriche concordanze
di singulti di rivi
in festa regalano
ritmi orchestrali a falene e farfalle notturne.
Simulacri di antichi vulcani ricordano
escandescenze e fuoco
di ere geologiche,
di primavere estrose
di vento e di acacie.
La natura è un simposio
dove anelli concentrici
danno vita ad un pentagramma universale.


Il bandolo


Un giorno in più e il bandolo
si ravvolge su sé stesso, lentamente,
in uno scorrere di attimi, di sorti
alterne. Decorrenze maestose
di filosofiche sintesi
fissano il giorno dell’addio ai solstizi
primaverili, alla canicola d’agosto,
e alle notti d’attesa
degli eucalipti al vento.
Cattedrali smerigliate d’oblio
aspettano che il transito terreno
arresti la corsa, che l’incedere
delle umane meraviglie indirizzi
la prua verso il Divino
dove nulla più accade:
ma solo angeliche figure
infuocate di cielo
innalzano paradigmi
di alleluia al Padre.
Ritmi orchestrali
di paradisiache ascendenze
preannunciano la fine
dell’attimo, del divenire,
della porta stretta,
del sogno che verrà.
Lì tutto è bellezza, perfezione,
geometria celeste,
mattino incantato di viole.


Vivre en solitude


Vivre en solitude,
ascoltare il battito
del tempo nello stemperarsi
del momento mentre il silenzio
solfeggia ritmi
di danze bucoliche.
L’orizzonte corre verso frontiere
sconosciute ed eterne in cerca
di figure magmatiche
che parlano linguaggi
escatologici. Simbologie
di popoli antichi
fantastica la mente
in un alternarsi
di vezzose alchimie
e retaggi esistenziali.
Malinconiche avventure d’anima
inventano ricami di pioggia
alla finestra  mentre
inconsueti paesaggi
immaginari ed enigmatici
conducono gli atomi
del mio essere
verso solstizi di filastrocche
e miti atemporali.
Fluttuano i pensieri
lungo i binari
dell’agire placido e profondo
quando allo sfiorire
dell’autunno si levano
ebbrezze di sospiri ultraterreni.
Ça , c’est vivre en solitude.


Infanzia


Marina, Rita, Antonella,
Graziano, Rosella il passato s’inarca
sulle nostre storie e infiora gli anni
che ci videro errare
lungo i sentieri della vita.
Rimane nell’aria
un’eco giuliva dei giochi perduti
nel sole d’agosto.
Il vento dell’infanzia
ha portato con sé nettare di felicità
che aliava lungo i  prati erbosi
e senza sassi,
tra i nidi dei cuculi,
verso le nuvole vaganti
e senza sosta.
Aritmie d’immenso,
percorsi insondabili
di beatitudini,
concerti di anime in fiore sfidano
la forza dell’oblio
che insegue il momento
e lo travolge nel nulla.
Segni d’altri tempi
ritemprano le anime stanche
di fuggire dalla morsa del tedio
e dai voli impazziti dell’attimo.
Rimane il ricordo scalfito
sui muri dell’esistere
e tra le pagine segrete
della nostra amicizia.


A Giuliana (Compleanno 2007)


Ci siamo tenute per mano
e insieme abbiamo rapito
al vento di maestrale
i giochi che di notte
attendevano il risveglio.
Tu eri un palpito d’armonia,
un gelsomino che si apre alla pioggia
nelle sere d’agosto,
un sibilo dell’anima
quando le rondini sui fili
ammirano l’infinito.
Sei zattera che naviga nei mari
dell’enigma
e della malinconia
cogli i ritmi nascosti tra gli aculei
della solitudine.
Rimpiangi le beatitudini disperse
tra gli alveari del tempo
e dietro orizzonti
che sfiorano l’altrove.
La primavera ti ha portata.
Ma io ti aspettavo da sempre.
Sei arrivata una sera di maggio
quando ogni cuculo riprende
a riposare nel nido
e nell’aria si spande
nettare di rose e liquore d’immenso.


A Giuliana (Compleanno 2008)


Ieri la mia bambina,
oggi il mio lupacchiotto
che si muove  tra il giallo di ginestre,
che preannunciano linearità d’innocenza,
ed equiseti di alchimie notturne.

 Sei la malinconia
che si scioglie al ritmo di antiche danze
cosacche, la nuvola alta che occhieggia
all’avventura terrena
di chi attende la sera
trepidando d’oblio.


Quando fili d’erba si abbandonano
al vento e capelvenere rimangono
attoniti al passo di un capriolo,
tu cerchi perle d’infinito
e allunghi la mano
al domani che attende
su minareti d’inebrianti
quintessenze.


Se volgi lo sguardo a Oriente
ritorni a contemplare
eclissi lunari che preannunciano
echi di divinità che abitano
tra le nuvole alte e vagabonde.


Gaminella (A Pavese)


Adesso che la Gaminella
comincia a rinverdire,
risuona la mia preghiera
tra le vigne, i girasoli e i noccioli.
I miei desideri si fanno
effervescenza di primavera
e tu li ascolti nel tuo essere
muto e silenzioso.
Ti sento, sei la collina che segue
i miei passi lenti e mi parla
di attimi trafugati alla gioia
e respiri incantati di langa.
Palpita di luce la tua poesia,
si inorgoglisce, sgorga
tra i salici del mio vivere
e si fa ancella dell’anima.
Ti chiedo di seguirmi,
ombra che tocca il mio profilo
e angelo che sfoglia
le pagine del mio domani.
Sei il mio passato e il mio futuro
nei giorni che verranno
nella langa verde e rigogliosa.


Moncucco


E’ risalendo la cima
di questa collina
che oggi ti sento vicino.
Tu sei qui, cerchi di capire
il mio tormento
che si fa parola, poesia
ma non è lo stesso di sempre.
Sfumano i contorni.
Immagino la tua ombra  che cammina al mio fianco,
come il cugino de “I mari del Sud”.
Ed io ti parlo, parlo
e non ho paura di annoiarti.
Conosci bene certe pene,
quei moti dell’anima
che non conoscono pace,
e allungano la loro ombra
sulla retta del tempo
e rallentano il respiro.
Grazie che mi segui
E non mi fai sentire sola
in questo mondo
abitato da fatue presenze.
Ispirami, che io possa,
in questo giorno di maggio,
far volare alta la mia poesia.
Fammi sentire i suoni
di questa collina.
Farò  finta di riconoscere la voce.


Sere d’inverno


Nelle sere d’inverno
quando il camino illumina
le fatiche del giorno
e la fiamma scalpita nel silenzio,
la solitudine cambia
ritmo di danza e si incunea
tra i solstizi dell’anima.
Aliti di noia
percorrono la stanza muta
e aromano gli angoli
di mirra e magnolia.
Svaniscono i volti,
si spengono le voci,
tacciono i sentieri
che aspettano la notte.
Un sorso di vino dona ristoro
alla mente che naviga nel nulla
delle passate cose
e nella nostalgia del tuo volto.
Profumo di vigne impazzite di sole
si espande tra  amuleti di ricordi
e negli alveari del mio domani.
Mie compagne sono le rosse spume
per innalzare un inno alla vita
e aspettare il tuo ritorno.


Il passo della luna


Appena un bicchiere di vino bianco
per dare un senso a questa giornata
che non ha nulla da dire,
non mi dà il senso
delle tue parole stanche
né i contorni del tuo viso
che ricorda il passo della luna
nei silenzi siderali.
Niente ripaga la gioia
del tuo palpitare
in un calice
che sa di stagioni tradite
dal riflusso delle ore.
Armonia d’aurora
si staglia all’orizzonte
di gioventù che svaniscono
allo spuntare della vita.
Mi inebrio d’incantesimi di luce
tra gli alveari delle tue alcove
che arpeggiano l’ironia della sorte
e la fugacità dell’attimo.
Mi riconosco creatura lieve
che canta agli albori dell’autunno
il ritmo incessante
delle cose che vagano
senza meta in un plenilunio
di favole antiche.


E- MAIL


E-MAIL A PAVESE


Un senso di nostalgiche presenze
rapisce lo spirito
ramingo verso proclami
d’ineffabili forme
e sequenze di ritmi langaroli.
Si sollevano epifanie
di luminosità indeclinabili
e si stagliano tra Moncucco
e la Gaminella ortocentri
di beatitudini terrene.
Balzano con veemenza d’altri mondi
teoremi, inespresse formule
d’infinito che interrompono aliti
di foglie autunnali.
Certezze di antiche storie accarezzano
loquacità di primordiali fisionomie
di anime in fuga
e testamentarie assenze
di remore abissali.
S’inarcano tra gli interstizi dell’enigma
perfezioni d’universo
e sillabe, squame di musicalità
e sinfonie di paesaggi mitici.
Il tuo ritorno è miracolo d’altrove.
“Tu non sei che una nube dolcissima, bianca
impigliata, una notte, fra i rami antichi”.


E- MAIL A BAUDELAIRE


Riempirsi di amuleti
di nostalgie che si stagliano
tra ortocentri di pensieri
e penombre d’oblio
è sibilo d’anima
quando le nebbie s’innalzano piussù
di tediosi bracieri.
Si accendono fiammelle
nell’enuclearsi di emozioni
che sfiorano baricentri
di fantasie autunnali.
E svaniscono fleurs.
Ruotano malinconie
attorno eclissi del domani,
s’impigliano tra glicini di ebbrezze
oppiacee. Simulacri di vezzose
forme inventano
teoremi di orizzonti metafisici
e nebulose ideali.
Lo spleen ascolta il pianto di creature
impazzite nel gorgo
di umane incertezze.
Sistri e oboi puntellano
aneliti di divine apparenze
quando “La nature est un temple
où de vivants piliers
laissent parfois sortir de confuses paroles ».


E- MAIL A LEOPARDI


Nell’attimo ambrato di pioggia
sgorgano dalle pareti dell’anima
estasi di notturni autunnali
e chiaroveggenze di latitudini
che fluttuano ampolle
di silenzi siderali.
Le apparenze vacillano,
ritornano sfere planetarie
che comunicano
vistosità di presenze ancestrali
perse tra sinfoniche
orchestre intrise di cielo.
I tuoi versi baciati dal tempo
bussano alle porte dell’infinito
in un’osmosi di acclarate speranze,
sensazioni vaghe che cavalcano
ebbrezze di mondi captati
da cerulee essenze. Si dipanano
sillabe che rincorrono attese
di lungimiranti pensieri
e farfalle notturne
sospese in atmosfere lunari.
Le tue parole spalancano
“umili ginestre” che evaporano
sapienze di ritmi
e cadenze d’ottocento.
“Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare”.


E- mail a Verlaine


Sulla retta infinita
del tempo scivolano
le parole sospinte
da aliti di poesia
e da meccanismi ultraterreni
che scalpitano al suono
di una campana autunnale.
S’intrecciano nelle penombre
simmetrie di reconditi segreti
e nostalgie di ricordi
scalfiti da piogge tibetane.
Il pensiero s’invola,
cavalca le cime dell’etere,
si perde tra presenze paradisiache
e atomi di mondi sconosciuti.
L’esistenza si fa chiara sostanza,
rosa canina attraversata
da rivoli di beatitudini
di città eterne,
intoccabili, appena sfiorate
da latitudini interspaziali.
Il mio canto diventa candelabro
che s’infiamma di cielo,
suono metafisico
di pentagrammi greci
alla ricerca di rime vaganti
e melodiose.
“Que ton vers soit la bonne aventure
eparse au vent crispè du matin
qui va fleurant la menthe e le thim…
et tout le reste est littèrature ».









E-mail a Montale


Solstizi autunnali in Tibet,
gioia di poeti raminghi verso Est
in cerca d’inusitate sillabe
e teoremi esistenziali
che si adagiano “presso
un rovente muro d’orto”.
Dal portile della fantasia
giungono perle di accondiscendenze
ultraterrene,
avvisaglie “dell’anello che non tiene”.
Si stampano alveoli
di mistiche briosità,
condivisioni molecolari
che trascinano con sé
fermenti di vigne settembrine.
Glicini s’inerpicano sulle vette
di reminiscenze marine,
acanti ed eucalipti
s’inorgogliscono di salsedine
che conduce a rossastre forme
di apparenze enigmatiche.
Grappoli penduli di pensieri autunnali
trascinano le nostre essenze vaporose
verso mondi altri abitati
 da “ossi di seppia”.


DIALOGHI E MISTERO


VIAGGIO CON FRANCESCO D’ASSISI


Francesco, portami lontano
dove le acque del nulla cancellano
i rimpianti, le iridescenze del creato
 illuminano di superno dono
le cadenze del vivere,
e le vette dell’anima catturano
 ritmi di gioia sonora.
 Ascoltare trasaliti  palpiti di nuvole
che vezzose ci accolgono nel seno
ricolmo di estasi arcane
e paradisiache.
Nuotare tra flutti
di archetipe bellezze,
trionfanti  quintessenze trascendenti,
 sentire aliti d’immenso
spandersi come bracieri.
E la notte ispiri
afflati celesti
ed autunnali solstizi inventino
 celebrità di mistiche forme.
Siano le nostre essenze
vaganti in atmosfere di preziose
ubiquità e lineamenti
planetari che schiudono al sogno.


Viaggio


Fantasie che si snodano
lungo le rotte dell’Assoluto,
tra l’emergere di insondabili
quintessenze e teoremi di mondi
scanditi da ritmi tibetani.
Percorsi della mente,
si enucleano e sormontano al di sopra
delle cime conosciute dell’essere.
Tacciono nel silenzio
di primordiali archetipi le forme
straziate di invisibili segmenti
e luminosità ancestrali,
 particelle infinitesimali numinose
che sulle umane sorti si protendono.
Sbiadiscono le angosciose
pulsazioni del pensiero.
Si fermano nell’istante vuoto
le noie seppellite sotto cumuli d’incenso.
Si scorgono sulle vette del domani
tepori, ansie d’infiniti ritorni
a echi e sussulti d’immenso.
Incosce estasi
di memorie si addormentano
tra magmatiche filigrane
di sfere fluorescenti.


Il sangue della corona


Gesù, purifica col sangue
della tua corona
le piaghe del mio vissuto,
i relitti delle mie giornate
buie quando l’ombra vinceva la luce
e i gelsomini appassivano
nel giardino della mia anima,
che attraversava i pendii
scoscesi della vita.


Gesù, illumina col sangue
della tua corona
gli attimi di noia che palpitano
sugli altari della mia solitudine,
i solstizi delle mie serate
invernali quando il vento mescola
molecole di beatitudine
celeste e pungoli di tristezza.


Gesù, accresci col sangue
della tua corona
la bontà che giace tra gli interstizi
delle mie stigmate
e innalzala piussù delle stellate
sfere, ai confini dell’Essere
Trino e Onnipotente.


Il mio io è la mia croce


Il mio io è la mia croce.
Viviamo il nostro essere
come incontro-scontro.
L’io non patisce il freddo
quando gli uccelli di passo
guardano stupefatti noi
che abitiamo le stanze del tormento,
il permanere in esistenza
come avventura irrazionale.
Tensione la vita,
tremore di attesa di fulgori
d’altri mondi.
I visi si stemperano ai confini
infuocati del vivere.
Il silenzio ravviva il ricordo
del già visto, sistema di linee
che si intersecano
in un punto che pungola l’anima,
l’atterrisce, la sprofonda
nel magma di malinconie senza respiro,
paesaggi di abeti, di abitacoli
di sensazioni ritmate
di cenere e gelo.
Il passo cede, la voce si fa flebile,
particella di pulviscoli
intrisi di sabbia.
E la mente si fa deserto
attraversato da vento di pensieri,
vischiosità di onde occulte.
Le finzioni dell’estasi appiattiscono
memorie che travalicano
l’essenza del sublime inaccessibile.


Betlemme


In questa sera di Natale offro a Te,
Gesù Bambino,
le mie spine terrene,
nascoste negli anfiteatri
del mio essere silenzioso:
trasformale in rose
intrise d’arte e sinfonie
d’altri mondi purpurei
e palpitanti d’unguenti celesti.

Siano le tue mani
alcova per i tormenti che tumultuano
tra le scorie del passato
e le paure del domani.

La pace si adagi
sull’anima puntellata
dal sogno dell’esistere
e dall’apoteosi di mistiche
quintessenze del pensiero.

Torni ad esultare la speranza
che si fa spuma di cielo,
carezza d’infinito,
petalo d’altrove.

La luce rischiari i miei passi
in  cerca di alchimie d’assoluto
e paradigmi esistenziali
che effondono stille
di ebbrezze  ultraterrene.

Dalle alture della mente
i pensieri spiccano il volo
verso latitudini
di inflorescenze e verità divine.


Treni verso l’Assoluto


Treni verso l’Assoluto, treni dell’esistere!
Tra una caduta dell’anima e un risveglio
il confino dell’umana ventura.

Si torna a contemplare
cieli  calmi e tersi,
immagini di bellezze
che valicano limiti
ultraterreni, memorie di sogni
che si specchiano
alle pendici del divino.

Proclami di essenze,
polline di ciclamini nostalgici
di primavere trionfano
tra le quintessenze del pensiero ad annunciare
alterità di calendule e fragranze di eucalipti.

Sinergie autunnali
s’inventano all’apparire
di equiseti di silenzi e  melograni
che ispirano partenze
verso mari placidi,  notturni.

Sinfonia si fa il creato,
carezza che accompagna
similitudini di enfatici ritorni,
alchimia di esultanze
di archetipi ritrovi
di spirito e materia.

L’essere si fa parola
e canta simbiosi
di eclissi lunari e divine aurore.


Contemplazione


Il paradiso è qui,
tra questi pini che aspettano
che il mistero dell’esistere
sveli i suoi contorni
e che a Oriente si compia il miracolo.
Si attutiscono i suoni del creato,
sfumati, poi tacciono.
In questa atmosfera di cristallo
il volo basso degli uccelli
gioca a invertire la rotta
della mia anima
e a stupire di magiche presenze
il ritmo nascosto del mio vivere.
In questo trionfo di colori
la vita si immerge
nel mare del certo, del possibile,
del divino avanzare delle esistenze.
Si protrae il tempo, resiste,
poi rallenta la corsa, si ferma:
è il momento di passare oltre.
Tra i ciliegi fioriti si coglie
 l’anima del mondo,
il concatenarsi di eventi armoniosi,
la parola che accoglie
fragranze d’infinito.
E si compie il miracolo.
Il paradiso è qui.


Divinità sospese


Quante volte, non ho riconosciuto,
mio Dio, la tua impronta, la tua immagine
sul volto dei passanti forse ignari,
anche loro di te, che risalivano
le strade della vita
con occhi pesti d’amara ventura!
Di sera ti ho cercato tra le pieghe e le angustie del vivere
e sugli altari della mia solitudine
ma spesso la tua voce  pareva
lontana e scostante
oltre i  muri della stanza muta.
Anche il vento parlava  di Te
ma io non ascoltavo.
Impazzivo per danze gitane
e oboi che attendevano il tramonto.
La tua luce non risplendeva
sui miei roseti
e buia era la mia notte
 lungo strade
deserte e polverose.
All’improvviso Ti ho incontrato.
 Hai squarciato le tenebre
 della mia anima e mi doni
ansia d’immenso, sinfonie
di infinito respiro.

Nessun commento:

Posta un commento